La Storia della Chiesa del Santo Sepolcro
La prima pietra della Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme di nostro Signore Gesù Cristo fu posta nell’anno 1740 dal principe don Nicolò Branciforti, come si evince dall’atto dello studio dei notai Stefano Sardo e Fontana del 2 luglio 1740, nel feudo di Sant’Elia, per la gloria di Dio e per dare la possibilità a tutti i contadini che abitavano in quel territorio e a coloro che venivano a villeggiare, di partecipare alla sfurono eseguiti per devozione e spese dallo stesso don Toscano. La chiesa fu benedetta da don Silvestro Allone, cappellano curato di Bagheria.
Don Giuseppe Toscano, cappellano della chiesa battesimale Maria Vergine della Bagaria fu nominato primo Rettore della chiesa del Santo Sepolcro. Egli fece eseguire cinque pregevoli quadri, dipinti ad olio su ardesia, tuttora esistenti, di cui non si conoscanta Messa nei giorni festivi e di precetto. Si racconta che gettò delle monete dove furono innalzate le grandi colonne di pietra che si notano all‘interno del tempio. A causa della morte del principe, i lavori furono sospesi per riprendere successivamente. Il fondatore fu il sacerdote don Giuseppe Toscano di Casalvecchio di Puglia nel 1744, come sta scritto in uno dei quattro dipinti, che tuttora adornano la Chiesa e che ono gli autori. Il primo di essi, dipinto nel 1744, si trova nell’altare del Santissimo Sacramento e raffigura la Sacra Famiglia ed ai lati, lungo i bordi, alcuni episodi riguardanti la stessa. Reca la seguente dicitura: "Per devozione e spese del sacerdote don Giuseppe Toscano della terra di Casalvecchio, fondatore del Santo Sepolcro di Nostro Signore Gesù Cristo, nella villa della Bagaria a 20 settembre 1744". A destra si può ammirare il secondo dipinto risalente al 1747, il quale raffigura, Sant’Onofrio Re di Persia ed eremita e ai lati, lungo i bordi, alcuni episodi della vita del santo.
Entrando dalla porta centrale della chiesa, si può ammirare a sinistra il terzo quadro di Santa Rosalia ed alcuni episodi della sua vita, lungo i bordi. A destra il quarto quadro, risalente al 1750, raffigura Sant’Elia profeta. Il quinto, che è anche il più antico e risale al 1736, raffigura la deposizione di Gesù Cristo dalla Croce. E’ collocato accanto alla cappella del sacro Cuore di Gesù, sulla navata destra della Chiesa. Nel 1862 con atto stipulato presso il notaio Luigi Castronovo figlio di Andrea Castronovo, si riprende un testo scritto e stipulato nel 1855 tra Ercole Lanza e Branciforti, in nome degli eredi Lanza, fidecommissario del sac. Giuseppe Toscano per testamento pubblicato il 20 settembre 1769 presso il notaio Ignazio Sgroi, e i rappresentanti della congregazione dell’Addolorata del Santo Sepolcro.
Il testamento del sac. Giuseppe Toscano di Casalvecchio redatto il 5 giugno e pubblicato il 20 settembre 1769 istituiva erede universale l’anima sua e disponeva che sopra i frutti dei suoi beni ereditari si dovesse celebrare una messa al giorno nella sua chiesa del Santo Sepolcro da sacerdoti ben visti al suo fidecommissario, Principe di Butera e suoi successori ai quali competeva la facoltà della elezione del cappellano. Nella scelta dovevano essere preferiti i parenti del Toscano ed in mancanza di questi i suoi paesani. Il Toscano legava al cappellano anche la casa collaterale alla detta chiesa per abitazione. La rendita lorda annuale era di onze trentasette e tari ventuno in censi di proprietà sopra case donate dagli enfiteuti don Salvatore Castiglia, Mazzarella e Marino. Al netto erano lire 421 e centesimi 12 pari ad onze 33 onze e grana 18.
In questa chiesa si inserirono come congregati di puro spirito fratelli i confrati della Congregazione di Maria Santissima Addolorata con un concordato del 15 maggio 1772 stipulato presso il notaio Ignazio Sgroi di Bagheria. In origine la Chiesa era ad una sola navata e quindi non aveva le dimensioni attuali. Fu ampliata e trasformata a tre navate oltre un secolo dopo e precisamente nell’anno 1866 e arricchita di numerose opere d'arte. Successivamente la Chiesa ebbe nuovi abbellimenti e modifiche, tra cui il tetto delle due navate laterali, modificato intorno al 1886 a forma di botte con la costruzione di caratteristiche "Cupolette" che danno una nuova linea architettonica.
L'altare maggiore, in stile barocco, fu donato nel 1877 da don Modesto Pittalà uno dei più ricchi cittadini di Bagheria. Esso proviene dalla Chiesa di San Giacomo a Palermo demolita nel 1860. In una lapide posta nella parte alta dell'altare si legge l’iscrizione: "Carlo VI, imperatore d'Austria e re di Sicilia, cominciò a costruire l'altare nel 1733 e sua nipote Maria Carolina, regina di Sicilia, lo completò nel 1799". Le pareti sono adornate da due grandi quadri in tela: quello a sinistra dell’abside rappresenta la profezia di Simeone a Maria e reca la seguente dicitura: "La tua anima sarà trapassata da una spada".
Quello a destra rappresenta la Vergine Addolorata che tiene sulle braccia Gesù deposto dalla Croce e reca la scritta: "Guardate tutti se vi può essere dolore simile al mio dolore". Gli altri due quadri piccoli raffigurano l’apostolo Giovanni e Maria Maddalena che assistono al dramma del Golgota. Le due pitture sono opera di Eustachio Catalano da Palermo.
Anche la statua di marmo dell’altare di San Giovanni Nepomuceno, martire e confessore che si trova nella navata destra, proviene dalla stessa chiesa di San Giacomo. La volta della navata centrale è affrescata con alcune scene della Passione di Gesù Cristo. Il Tabernacolo posto nella navata sinistra, era parte dell’altare maggiore, l’interno è stato decorato con foglie d’oro, offerte dai parrocchiani, attorno al 1940. Il maestoso seggio presidenziale di noce viene attribuito a Ludovico Li Vigni di Palermo ed è stato donato dai soci di Azione Cattolica.
Sulla destra del presbiterio è collocato il battistero, inizialmente collocato al posto dell’altare entrando a sinistra, dove si trova adesso la statua di santa Rita.
E’ in marmo bianco, realizzato in occasione dell’inaugurazione della Parrocchia nel 1932, dallo scultore Giuseppe Pellitteri. Il sontuoso e geniale coperchio in noce massiccio, quando è chiuso, dà l’impressione, assieme al sottostante fonte, di un artistico reliquario a forma di calice, mentre, quando è aperto, si compone di una parte che resta fissa alla sommità a sorta di baldacchino e di un’altra parte che si apre in due braccia, quasi ad accogliere amorevolmente il battezzando. Il coperchio è stato ideato e realizzato dall’ebanista Filippo Buttitta. Il grande quadro che lo sormonta raffigura il Battesimo di Gesù al Giordano ed è opera del pittore Carmelo De Simone. Sempre nella navata destra si trova la statua di San Francesco di Paola. L’organo a sistema pneumo tubolare, con consolle separata a due tastiere è opera della ditta Gaspare Schimicci di Frosinone. Fu benedetto dal card. Lavitrano il 15 settembre 1936. Pregevole la "Via Crucis" scolpita in legno che è opera dello scultore Francesco Martiner di San Udalrico di Gardenia a Ortisei in provincia di Bolzano e che risale agli anni Quaranta. Sull’altare centrale si può ammirare una maestosa statua lignea dell’Addolorata, realizzata all’inizio del XIX secolo dallo scultore Rosario Quattrocchi, di cui i parrocchiani sono particolarmente devoti.
La costruzione del prospetto principale in marmo di Billiemi, in stile neo gotico è iniziata nel 1914, su progetto dell'ingegnere Ernesto Armò. A causa del primo conflitto mondiale fu completato soltanto nel 1924. Nel 1930 fu collocato l’orologio nella torre della facciata, donato da Onofrio Di Quarto, iscritto alla congregazione dell’Addolorata, come si legge nella lapide posta accanto sulla parete della torre stessa. Una figura rilevante tra i cappellani rettori della chiesa del Santo Sepolcro fu il padre Gaetano Raspanti che venne nominato dal cardinale Lualdi il 4 ottobre 1905. Ma esisteva un contenzioso per il diritto di patronato e quindi per il diritto di presentazione del cappellano tra il principe di Trabia fidecommissario in quanto erede dei Butera e i superiori della congregazione del Santo Sepolcro. Il 18 novembre 1906 Strazzeri scrive all’arcivescovo che la congregazione dell’Addolorata della chiesa del Santo Sepolcro ha eletto come suo cappellano beneficiale il rev. Raspanti don Gaetano, scelta ottima, sacerdote di ottima morale, molto zelante e laborioso, ma si viene a sapere che c’è un diritto del principe di Trabia Butera quale fidecommissario del sac. Toscano. Il cardinale Lualdi risponde che si passasse la supplica al principe di Trabia perché presentasse il sac. Raspanti. La situazione si fece grave perché queste beghe interferivano nella vita religiosa della comunità, proprio quando erano nate nuove devozioni nella chiesa, come l’opera del Sacro Cuore di Gesù, quella di Nostra Signora di Lourdes e molte altre.
Nel 1926 il rettore della chiesa del Santo Sepolcro sac. Gaetano Raspanti fece ricorso alla congregazione del concilio contro la decisione della curia del 26 febbraio 1925, per la questione che riguardava "jus funerandi" cioè il diritto di fare i funerali nelle chiese non parrocchiali come era allora la chiesa del Santo Sepolcro. Interessante scambio di lettere e risposta della Curia diocesi di Palermo dell’8 novembre 1927 in cui si fa il punto sulla questione su tutta la Sicilia secondo le richieste della congregazione del concilio. Il 16 giugno 1927 don Raspanti scrive al cardinale Lualdi, dicendo che le ascritte dell’Apostolato della preghiera chiedono di poter vegliare la notte tra il 28 e 29 giugno con esposizione del Santissimo Sacramento, precisamente dalle 11 alle 12, ora tanto cara al Cuore di Gesù e indicata da lui a Margherita Alacoque come ora di veglia. Il rettore appoggia la richiesta come contenuto di riparazione e chiede a conclusione la celebrazione della messa la notte per il desiderio di fare la comunione: "In questi tempi in cui la nostra Santa Madre Chiesa dà impulso così vigoroso al culto eucaristico, in cui i voti dei congressi non lasciano di fare appello alla necessità di creare nel popolo fedele la fame del Cibo degli Angeli, e spronano lo zelo sacerdotale ad adoperarsi in tutte le forme per stabilire viva e rigogliosa la devozione a Gesù Ostia, mi lusingo che non verrà respinta dalla Superiore Autorità questa supplica fervente di adorare in un’ora straordinaria il Santissimo Sacramento, offrendo un umile sacrificio di lode al silenzioso Ospite dei Tabernacoli".
Nel 1928 il prefetto impone nuovi statuti per la pia Opera del Santo Sepolcro. Viene abolita la elezione dei gestori da parte dei congregati come non conforme ai tempi e causa di lotte intestine. L’11 gennaio 1929 il prefetto di Palermo nomina Salvatore Scola di Bartolo presidente della congregazione del Santo Sepolcro. Ma qualche anno dopo l’amministrazione e la cura del cimitero passa al Comune di Bagheria e vengon soppresse le due congregazioni del Santo Sepolcro e quella del Miseremini.
Il 9 ottobre del 1932, l’arcivescovo di Palermo, il cardinale Luigi Lavitrano, erige canonicamente la chiesa del Santo Sepolcro a Parrocchia. L’inaugurazione viene effettuata dal suo vescovo ausiliare mons. Gioacchino Di Leo.